Il 28 luglio 2022, l’Associazione Antigone, nel rapporto di metà anno sulle condizioni di detenzione in Italia dal titolo La calda estate delle carceri, ha segnalato che dall’inizio del 2022 vi sono stati già 38 suicidi.

Secondo gli ultimi dati del Consiglio d’Europa, l’Italia si colloca al decimo posto tra i paesi con il più alto tasso di suicidi in carcere. A fine 2021, tale tasso era pari a 10,6 suicidi ogni 10.000 persone detenute. Il confronto con la società esterna è significativo: in carcere i suicidi sono 16 volte in più di quelli che si registrano all’esterno.

Questo è un indicatore di malessere di un sistema che necessita profondi cambiamenti.

La questione dei suicidi in carcere risulta essere un fenomeno complesso, che trova origine da una serie di fattori concatenati. Il primo fra tutti è il sovraffollamento carcerario: le cinque case circondariali (Foggia, Regina Coeli, Monza, San Vittore, Pavia) in cui sono avvenuti i suicidi risentono di una situazione cronica di sovraffollamento. Tale circostanza provoca forti disagi, quali l’insufficienza degli spazi a disposizione, la conseguente inadeguatezza di tutti i servizi, l’aumento di conflittualità tra i detenuti stessi, la maggiore difficoltà di svolgere qualsiasi attività giornaliera.

Oltre a questo, si aggiunge l’assenza cronica di supporto psichiatrico e psicologico nelle carceri. Sia nel 2021 che nel 2022, la media si attesta intorno alle 10 ore settimanali ogni 100 detenuti per gli psichiatri e intorno alle 20 ore settimanali ogni 100 detenuti per gli psicologi. Ciò che preoccupa è che il 13% dei detenuti ha una diagnosi psichiatrica grave e che i “disturbi psichici” rappresentano la metà delle patologie rilevate tra i detenuti.

Di conseguenza, se risulta evidente che il carcere è un ambiente psico-patogeno, non si comprendono le ragioni per le quali l’amministrazione penitenziaria, nonostante i soldi a disposizione del sistema, non faccia nulla di concreto per migliorare questo ambiente e non potenzi il supporto psichiatrico e psicologico.

Purtroppo, l’unica risposta fornita dall’Amministrazione è quella inerente all’impiego (sempre più massiccio) di psicofarmaci, anche per persone prive di una diagnosi psichiatrica certificata.

Secondo Antigone, infatti, il 28% delle persone detenute assume stabilizzatori dell’umore, antipsicotici o antidepressivi e il 37,5% sostanze sedative o ipnotiche.

Di recente (7 agosto 2022), il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha annunciato la messa a punto di nuove linee guida per la prevenzione del fenomeno suicidario, senza però fare riferimento alcuno al potenziamento del supporto psichico in carcere, dove disagio e sofferenza sono ormai una costante.

____________

Per maggiori informazioni sull’argomento e per vedere i Corsi di Alta formazione e di aggiornamento professionale di prossimo avvio clicca qui, Inoltre, resta aggiornato con le nostre pagine social.