Da oggi, venerdì 15 ottobre, entra in vigore in Italia l’obbligo di green pass nei luoghi di lavoro.

Invero, con il decreto legge 127/2021, l’obbligo di certificazione verde è stato esteso fino alla fine dello stato di emergenza (31 dicembre 2021), a tutti i lavoratori, sia pubblici che privati, incidendo sulla vita di 23 milioni di italiani.

Il decreto prevede che il controllo dei green pass spetta al datore di lavoro (amministrazione o azienda), il quale è autonomo nell’organizzazione, pur nel rispetto della normativa sulla privacy, nonché delle Linee Guida del DPCM del 12 ottobre 2021.

Quest’ultime stabiliscono, in via generale, che i controlli vengano effettuati all’ingresso del posto di lavoro o successivamente a tappeto o su un campione quotidianamente non inferiore al 20% del personale in servizio, attraverso l’app C19 o tramite sistemi automatizzati.

Il lavoratore senza green pass non può accedere al luogo di lavoro: viene dunque considerato assente ingiustificato e perde il diritto alla retribuzione.

Tuttavia, egli mantiene il posto di lavoro né gli possono essere applicate sanzioni disciplinari per il solo fatto di non essere in possesso della certificazione verde.

Diversa è invece la situazione del lavoratore, il quale, eludendo le regole, acceda al luogo di lavoro senza green pass: in questo caso potrà essergli applicata una sanzione pecuniaria compresa tra i 600 e i 1.500 €, nonché le sanzioni disciplinari previste dai contratti collettivi di categoria.

Specularmente, al datore di lavoro, che non ottempera all’obbligo di controllo, potrà essere applicata una sanzione pecuniaria dai 400 ai 1.000 €.

Evidenti, dunque, le conseguenze per i lavoratori sprovvisti di certificazione verde, ai quali di fatto verrebbe precluso il diritto al lavoro: questo potrebbe forse contribuire a spiegare le forti reazioni di protesta che si sono sollevate da parte di molti lavoratori non vaccinati, nonché da molti esponenti del mondo politico e sindacale.

Si consideri, infatti, che i lavoratori non ancora vaccinati in Italia risultano essere 3,8 milioni: per queste persone, l’unica possibilità per continuare a lavorare pur scegliendo di non vaccinarsi (o non potendo farlo), è quella di effettuare ogni 48 ore (dunque almeno 3 volte a settimana) un tampone antigenico rapido a proprie spese, costituendo, quest’ultima, una delle modalità previste dalla legge per ottenere la certificazione verde.

Il decreto 127/2021 prevede infatti che il costo del tampone ricada sul singolo lavoratore, seppure con prezzi calmierati, e non sulla collettività.

Tuttavia, a fronte delle forti pressioni politiche e sociali, non è escluso, come peraltro si sta già verificando in alcune realtà, che tale costo possa essere sostenuto dai datori di lavoro, i quali hanno forti interessi ad evitare che i lavoratori si assentino, con pesanti ripercussioni economiche, sia per l’azienda, che per la collettività.

Molti altri poi i nodi ancora irrisolti del decreto nel giorno della sua entrata in vigore.

Resta, ad esempio, non chiarita la questione dello smart working. Seppure la linea del governo sembra essere chiara, prevedendo che la mancanza di certificazione non può trasformarsi in un diritto a lavorare da remoto, la possibilità di lavorare in regime di smart working senza green pass è richiesta sia dalle aziende che dai sindacati, potendo rappresentare una valvola da utilizzare per allentare le tensioni in azienda create dall’obbligo della certificazione verde.

Altre questioni problematiche riguardano poi, ad esempio, alcune categorie di lavoratori come le colf, le badanti o i rider: ci si interroga, in questi casi, di chi sia l’onere di controllare il green pass, escludendo che esso possa incombere sui clienti.

Appare dunque evidente che l’introduzione dell’obbligo di green pass, specialmente nei luoghi di lavoro, pone numerose questioni giuridiche, che vedono coinvolti differenti interessi in gioco: da una parte la salute, intesa come bene non solo individuale ma anche collettivo, d’altra parte alcune importanti diritti e libertà individuali, come, in questo caso, il diritto al lavoro e alla retribuzione.

Per contemperare queste diverse esigenze è necessario trovare un equilibrato bilanciamento tra queste diverse istanze, con un approccio pragmatico, scevro da ideologie, da una parte e dell’altra.

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