Tra i numerosi effetti provocati dalla pandemia da Covid-19, vi è stato un significativo mutamento del fenomeno migratorio in Italia e nel mondo.

È questo quanto emerge dal 31° Dossier Statistico Immigrazione a cura del Centro Studi e Ricerche IDOS (in collaborazione con il Centro Studi “Confronti” e l’Istituto di Studi Politici “S. Pio V”), presentato ieri mattina in diretta nazionale.

Con specifico riferimento all’Italia, i cambiamenti più significativi nel panorama migratorio si registrano a livello demografico: dal Rapporto emerge infatti che nel 2020 si è assistito al calo demografico più consistente degli ultimi 20 anni della popolazione straniera presente in Italia.

Invero, secondo i dati forniti dal Rapporto, accanto al declino demografico della popolazione generale italiana e straniera, che il Paese sta subendo da ben prima della pandemia, vi è stata anche una diminuzione della sola popolazione residente straniera diminuita di 26.422 unità (-0,5%) rispetto al 2019. Alla fine del 2020, dunque, si censivano 5.013.200 stranieri residenti, corrispondenti all’8,5% dell’intera popolazione residente.

Hanno concorso a questo quadro gli stessi fattori che hanno determinato una generale diminuzione della popolazione generale italiana, soprattutto in tempi di pandemia: da un lato, la diminuzione del numero delle nascite che con riferimento agli stranieri residenti si è attestata a -3.500 nuovi nati in meno rispetto al 2019 (-5,6 %), pur continuando ad influire per un settimo (14,7%) sulle nascite in Italia e, dall’altro, l’aumento della mortalità corrispondente a 9.300 decessi di persone straniere residenti (+1.900 corrispondente allo +25,5% rispetto al 2019).

Un altro mutamento significativo in tempi di pandemia con specifico riferimento al fenomeno migratorio ha riguardato la mobilità internazionale, la quale ha subito blocchi e limitazioni a causa delle restrizioni imposte.

Sono dunque da ricondursi a queste causa il notevole calo sia degli ingressi degli stranieri in Italia, corrispondente a –87.300 nuove iscrizioni anagrafiche in meno rispetto all’anno precedente, sia dei loro trasferimenti oltre confine, per rimpatri o per migrazioni in altri Paesi che si attestano a –27.800 cancellazioni anagrafiche per l’estero rispetto al 2019.

 Ne deriva che nonostante tra i cittadini stranieri, al contrario degli italiani, restino positivi tanto il saldo naturale (ossia l’eccedenza dei nati sui morti per 50.000 unità), quanto quello migratorio (vale a dire l’eccedenza degli ingressi sugli espatri per 147.600 unità), nemmeno l’immigrazione nell’anno della pandemia è bastata ad attenuare il costante calo demografico del Paese.

La diminuzione della popolazione straniera appare particolarmente significativa tra i soggiornanti non comunitari “a termine”, calati di ben 189.000 unità solo nel 2020, riconducibile al generale decremento dei nuovi ingressi dall’estero, sia al loro scivolamento nell’irregolarità.

La pandemia non ha determinato solo dei mutamenti quantitativi nel panorama migratorio, bensì anche qualitativi.

L’impatto del Covid-19 sulle condizioni di fragilità ed emarginazione sociale che caratterizzano lo status di molti stranieri in Italia è stato emblematico.

Il Rapporto IDOS riporta, infatti, che su 5,6 milioni di italiani sotto la soglia della povertà assoluta, gli stranieri occupano una fetta pari a 1,5 milioni, corrispondente al 26,1% dei poveri assoluti del nostro Paese.

A tale situazione di povertà ha indubbiamente contribuito il calo dell’occupazione e la crescita della precarietà: il Rapporto indica che il tasso di occupazione degli stranieri è diminuito di oltre 6 volte rispetto a quello degli italiani (-3,7% contro -0,6%), scendendo al minimo storico del 57,3%.

Spesso, tali condizioni di indigenza, non vengono nemmeno compensata da forme di sostegno al reddito e di accesso a beni fondamentali di welfare, da cui buona parte della popolazione straniera viene diffusamente esclusa (si pensi, ad esempio, al Reddito di cittadinanza, al vaglio della Corte Costituzionale per quanto riguarda la legittimità della scelta di limitarlo ai soli stranieri soggiornanti di lungo periodo).

Questo, nonostante il contributo economico che gli stranieri assicurano al Paese continua a essere più alto della quota di spesa pubblica loro destinata: 29,5 miliardi il primo, contro 25,25 miliardi della seconda, generando un saldo netto positivo per le casse dello Stato pari a 4 miliardi di euro.

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