(Foto di Gerd Altmann da Pixabay)

Da qualche anno l’intelligenza artificiale, ossia l’insieme di metodi scientifici, teorie e tecniche finalizzate a riprodurre mediante le macchine le capacità cognitive degli esseri umani, fa notizia, producendo attenzione, entusiasmo, ma anche preoccupazione ed emotività.

Ad esempio, in questi mesi il tema è diventato di grande attualità a seguito della diffusione su larga scala di sistemi “generativi” fondati su reti neurali quali Chatgpt (in grado di formulare in linguaggio umano risposte immediate ai quesiti più vari) ed altri sistemi diversamente denominati (in grado di produrre con altrettanta velocità immagini e fotografie) che operano mediante complesse capacità statistiche/probabilistiche e con una enorme potenza di calcolo.

Sui “rischi” derivanti da un ulteriore sviluppo e utilizzo non regolato di tali sistemi si sono avuti numerosi interventi, da ultimo quello di Geoffrey Hinton, “padre” della ricerca in materia, recentemente dimessosi da Google proprio per poter denunciare lo scenario sotteso allo sviluppo incontrollato della IA.

Ancora, nella sua audizione di pochi giorni fa al Senato USA, Sam Altman, inventore del famoso ChatGPT3 e capo della società OpenAI, ha detto che l’Intelligenza artificiale non è una creatura, ma è una costruzione dell’uomo, uno strumento.

Tuttavia, esso non è solo uno strumento, poiché non è un semplice algoritmo che si limita a eseguire alcune istruzioni, come avviene con l’IA che da anni utilizziamo negli smartphone o in auto, ma è qualche cosa di più complesso ed articolato. Ciò di cui sta parlando ha (almeno) due nuove fondamentali caratteristiche: è generativa ed è conversazionale. Vuole dire che è una “creazione dell’uomo” che impara ed evolve continuamente in modo autonomo, attingendo a tutto il patrimonio di conoscenze messo a sua disposizione ed essendo in grado di dialogare con gli esseri umani.

Si tratta, in altre parole, di un prodotto che segna un cambiamento epocale, rapido e vertiginoso, la cui evoluzione dovrà essere attentamente monitorata e gestita, perché non diventi un mezzo di prevaricazione.

Per questo motivo è necessario parlarne, discuterne, così come è avvenuto l’8 giugno scorso presso l’Aula Magna del Palazzo di Giustizia di Milano in occasione del convegno “Giustizia, etica, deontologia a confronto con i sistemi di intelligenza artificiale”.

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