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La condizione degli adolescenti detenuti per provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria Minorile è balzata prepotentemente all’attenzione mediatica dopo la fuga nel giorno di Natale di sette ragazzi dall’Istituto Penale per i Minorenni “Cesare Beccaria” di Milano.

Per più giorni tutti i canali di comunicazione hanno dato voce a molteplici e divergenti posizioni, tra note di solidarietà alla Polizia penitenziaria, preoccupazione per il disagio dei ragazzi e necessità di maggiore attenzione verso i bisogni educativi dei minori, complessivamente più fragili che in passato.

Ciò induce a interrogarsi sull’opportunità o perniciosità del cosiddetto “carcere minorile”.

Ma, forse, ancor prima ci si dovrebbe domandare se e come funziona la realtà degli Istituti Penali per i Minorenni.

Il dato normativo vorrebbe che l’esperienza detentiva favorisca una ripresa positiva del percorso di crescita, senza che il minore debba essere allontanato dagli affetti o sradicato dal territorio di appartenenza, poiché ciò ostacolerebbe prepotentemente e sin da subito questa finalità. In tal senso depongono l’art. 22 dell’Ordinamento penitenziario minorile (d. lgs. n. 121/2018) e le norme sul processo penale a carico di imputati minorenni (DPR 448/88).

I dati danno conto, però, di una realtà complessa e forse inadatta a rendere effettiva una piena attuazione della dimensione di presa in carico educativa e di tutela affettiva.

Gli IPM in Italia sono 17 e disegualmente distribuiti sul territorio nazionale (al Sud sono molti più che al Nord e al Centro), rendendo con ciò ordinario il ricorso a trasferimenti in Istituti fuori Regione, lontani da casa e dagli affetti nonché impossibilitati ad accompagnare i ragazzi in reinvestimenti formativi od occupazionali collegati ai loro territori di crescita. Peraltro, le ultime statistiche ufficiali del Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità pubblicate il 17 novembre 2022, ci dicono che nel primo semestre 2022, hanno fatto ingresso nelle carceri minorili ben 481 adolescenti (246 dei quali italiani e in nettissima prevalenza maschi, essendo solo 32 le ragazze) e al 30 giugno 2022, la Sezione Statistica del Ministero della Giustizia ha rilevato che erano detenuti negli I.P.M. 374 minorenni e giovani.

Nelle condizioni di vita interne alle carceri minorili, rappresentate dai Rapporti periodici dell’Osservatorio sulle carceri minorili pubblicati da Antigone (l’ultimo del 2022, dal titolo ‘Keep it trill- Sesto Rapporto 2022), una “quasi costante” è il conflitto, “presente in tutte le sue forme e non solo tra i ragazzi, ma anche tra l’Area Sicurezza e l’Area Educativa, tra i diversi operatori e all’interno delle stesse Aree, sia a pari livello che tra i diversi ordini gerarchici, poiché si scontrano visioni contrastanti. Il conflitto è un fenomeno trasversale, che investe anche gli operatori delle attività e del volontariato, in un intrecciarsi di situazioni che si complicano” (ciò si legge nel documento dell’ottobre 2022 del Dipartimento Giustizia Minorile e di Comunità dal titolo “Quale IPM in una società che cambia?” redatto a seguito dei lavori di un Laboratorio composto da operatori attivi in gran parte degli Istituti Penali per Minorenni d’Italia).

In questo quadro ha molte, fin troppe, evidenze la portata anche simbolica della forza dei legami affettivi in adolescenza e il grido d’aiuto nella fuga dei sette ragazzi dal carcere Beccaria il giorno di Natale.

 

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