Secondo l’ultimo Rapporto Antigone di metà anno sulle condizioni di detenzione in Italia la violenza non è l’unica piaga che affligge il nostro sistema penitenziario.

Sono infatti numerose ed impellenti le problematiche che il carcere deve ancora affrontare.

Tra queste, innanzitutto il sovraffollamento, il quale continua a rappresentare un tratto endemico della realtà penitenziaria del nostro Paese. Secondo Antigone, a giugno 2021, il tasso di sovraffollamento reale superava il 113% con oltre 53.637 detenuti a fronte di 47.445 posti effettivamente disponibili.

11 carceri presentano addirittura un tasso di sovraffollamento superiore al 150%: si tratta degli istituti di Brescia (200%), Grosseto (180%), Brindisi (170,2%), Crotone (168,2%) e Bergamo (168%), mentre sono ben 7 le regioni in cui il numero della popolazione detenuta è aumentata rispetto al precedente Rapporto del 31 dicembre 2020 (Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lombardia, Sicilia e Umbria).

Tra questi detenuti, 1 su 3 (pari a 19.260 persone ovvero al 15.1 % del totale delle imputazioni) si trova in carcere per violazione del Testo Unico in materia di sostanze stupefacenti.

Non a caso tra il 2005 e il 2020 vi è stata una crescita di 10 punti percentuali negli ingressi in carcere di detenuti con problemi di tossicodipendenza (il 38,6% al 31 dicembre 2020 contro il 28,41% del 2005).

Appare allora evidente come un maggior ricorso alle misure alternative e, più in generale, una modifica alla cd. legge sulle droghe, permettendo ai servizi territoriali la presa in carico dei detenuti con diagnosi di tossicodipendenza (1 su 4), potrebbe contribuire al decongestionamento delle carceri italiane.

Se si considera altresì che il 36 % del totale dei detenuti deve scontare meno di tre anni di pena, si comprende come le misure alternative, applicate a questi casi, potrebbero ridurre significativamente i numeri dell’affollamento.

Un altro problema non trascurabile è quello legato alle condizioni di detenzione.

Nel 42% degli istituti monitorati da Antigone (67 visite in 14 regioni italiane) sono state trovate celle con schermature alle finestre che impediscono il passaggio di aria e luce naturale e, soprattutto d’estate, rendono invivibile e drammatica la detenzione.

Nel 36% delle carceri vi erano altresì celle senza alcuna doccia, in aperto contrasto con quanto prevede il Regolamento Penitenziario D.p.R. 230/2000 e nel 31% dei casi vi erano addirittura camere di pernottamento prive di acqua calda.

Tali condizioni di vita, non rispettose in alcun modo della dignità umana, unite ad altri fattori (ad esempio: l’emergenza sanitaria, le restrizioni ai colloqui visivi…) hanno probabilmente acuito il verificarsi nell’ultimo anno e mezzo degli episodi di suicidio e di autolesionismo.

Nel 2021, fino al 15 luglio i suicidi sono stati 18, mentre nel 2020 se ne sono registrati 62, con 11 episodi ogni 10.000 detenuti, numero tra i più alti degli ultimi anni.

Per quanto riguarda, invece, i casi di autolesionismo, per il primo trimestre del 2021 la Relazione al Parlamento del Garante Nazionale ne riporta 2.461, mentre nel 2020 se ne sono conteggiati 11.315, sempre in aumento rispetto agli anni passati.

Tante altre poi le problematiche riguardanti il pianeta-carcere.

Dalla mancanza di dirigenti penitenziari assegnati in via esclusiva (nel 35,1% dei 73 istituti visitati non vi è un direttore incaricato solo in quell’istituto), di funzionari giuridico-pedagogici, mediatori culturali e psichiatri, all’abbandono della scuola di 1 detenuto su 3 nel 20% degli istituti visitati, alla formazione professionale in calo rispetto al 2019, solo per segnalare alcune tra le più urgenti.

Emerge dunque un quadro dell’universo carcerario alquanto drammatico in cui gli episodi di violenza occorsi rappresentano soltanto la punta dell’iceberg di problemi ben più profondi e strutturali.

___________________

Per consultare l’ultimo Rapporto Antigone clicca qui.