Sebbene si potrebbe pensare ad un film di fantascienza, negli ultimi anni alcuni Paesi, tra cui Cina, Malesia ed Estonia, hanno dato il via alla progettazione di “sistemi di giustizia predittiva”, ossia di sofisticati software per formulare previsioni sull’esito di processi non ancora iniziati o conclusi sulla base di un’elaborazione statistica delle decisioni giudiziarie assunte in passato.

L’impiego di tali strumenti interessa molto gli studiosi del diritto, in quanto l’applicazione dell’intelligenza artificiale (IA) nel settore della giustizia potrebbe condurre, nel prossimo futuro, alla sostituzione dei “giudici-uomo” con i “giudici-macchina”.

In Cina, ad esempio, si sta già sperimentando l’applicazione dell’algoritmo nell’ambito della elaborazione delle accuse. Al momento, è solo uno strumento per accelerare il lavoro dell’ufficio ma non è detto che in futuro possa sostituire anche il lavoro del pubblico ministero.

Ma si è davvero sicuri che il procedimento decisionale del magistrato, con funzione giudicante o requirente, possa essere rimpiazzato da un software che, per quanto sofisticato e preciso, si basa sull’elaborazione di dati e variabili statistiche?

Se è vero, da un lato, che un sistema di giustizia predittiva potrebbe garantire una maggiore celerità ed efficienza nello svolgimento dei procedimenti, nonché eliminare potenziali disomogeneità di giudizi, dall’altro lato, potrebbe implicare effetti negativi sul funzionamento stesso dell’attività giudiziaria, soprattutto in ambito penale.

Tali dispositivi, infatti, non sono programmati per applicare regole predeterminate, ma per elaborare una grande quantità di dati provenienti da attività giudiziarie passate, come ad esempio quelli provenienti dalle sentenze del passato.

In sostanza, questi software non applicano la legge, ma si basano solo sull’analisi del precedente giurisprudenziale. Di conseguenza, sono sistemi incompatibili con un ordinamento giudiziario di civil law, quale è il nostro, che è fondato sulla soggezione del giudice soltanto alla legge.

Un’altra potenziale problematica riguarda la circostanza che il precedente, senza l’applicazione di correttivi, andrebbe a sostituire ogni altra forma normativa, creando così un sistema rigido, non modificabile, in quanto impossibilitato di elaborare un’interpretazione evolutiva dei precedenti.

Infatti, i sistemi di IA non sono in grado di pensare e comprendere, a differenza degli esseri umani, le peculiarità dei casi concreti ed i motivi che hanno indotto i giudici a determinarsi in un senso piuttosto che in un altro senso.

E ancora, con l’introduzione del “giudice-robot” verrebbe sminuita la valenza persuasiva delle tecniche argomentative, tradizionalmente volte anche a suscitare empatia nel giudice.

Di fatto, l’interrogativo che pone l’utilizzo della IA in sede giudiziaria è se davvero riteniamo opportuno che fatti e comportamenti posti in essere da esseri umani possano essere giudicati da “macchine pensanti” al posto di individui appartenenti alla stessa loro specie e istruiti per esercitare il ruolo di magistrati.

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