La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato l’Italia per non aver garantito adeguata protezione ad una donna e ai suoi figli, vittime di violenza domestica da parte del compagno.

La donna era stata aggredita almeno 4 volte e aveva richiesto svariati interventi della Polizia e ciò aveva condotto all’apertura di un procedimento nei confronti dell’uomo con l’accusa di maltrattamenti in famiglia. Ciononostante, nel settembre 2018 l’uomo aggrediva la donna e uccideva il figlio di un anno.

La locale Procura, tuttavia, non aveva preso alcuna misura per proteggere la donna e i suoi figli. Per altro, era stata anche riconosciuta la pericolosità sociale dell’uomo da parte di un esperto.

Nella sentenza, pertanto, la Corte EDU rileva come i procuratori siano rimasti inerti davanti al grave rischio che la donna potesse essere aggredita e così hanno consentito al compagno di perseverare nel minacciarla ed aggredirla. Invero, secondo la Corte, i procuratori avrebbero dovuto compiere una valutazione dei rischi di nuove aggressioni da parte dell’uomo e adottare le misure più consone a prevenirli.

Lo Stato ha, quindi, mancato nel suo compito di dare attuazione a quelle misure predisposte al fine di tutelare beni supremi quali la vita e l’integrità fisica delle persone. Per questo motivo, dovrà versare alla donna 32mila euro per danni morali (scarica la sentenza).

Proprio per questo, non può mancare di rilevarsi come l’Italia sia ancora lontana dall’assicurare effettiva protezione alle donne che subiscono reati quali atti persecutori e maltrattamenti in famiglia e ai loro figli e figlie.

Non può che auspicarsi, dunque, che in futuro ci siano interventi più celeri da parte delle autorità giudiziarie, soprattutto nei casi di vittime che presentano ravvicinate e plurime denunce, rappresentative di evidenti richieste di aiuto.

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