La Direzione Centrale della Polizia Criminale, quale articolazione a composizione interforze del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, è impegnata quotidianamente in attività di impulso e coordinamento degli organismi investigativi nazionali e internazionali e: 1) a raccogliere ed elaborare i dati provenienti dalle varie Forze di polizia e dalla Direzione Investigativa Antimafia in materia di tutela della sicurezza pubblica e di lotta alla criminalità; 2) a sviluppare specifiche strategie di prevenzione e contrasto alla malavita comune e organizzata.

In tale contesto, la Direzione Centrale dedica particolare attenzione alle fenomenologie delittuose riconducibili alle consorterie storicamente presenti sul territorio nazionale, camorra, cosa nostra, criminalità pugliese e ‘ndrangheta, ai nuovi sodalizi criminali, nonché alle manifestazioni delinquenziali più gravi.

Nella lotta al crimine organizzato rivestono un ruolo di primaria importanza il costante monitoraggio e l’azione di impulso alla ricerca dei latitanti.

In Italia, il compito di individuazione e selezione dei latitanti di massima pericolosità è attribuito al Gruppo Integrato Interforze per la Ricerca dei Latitanti (G.I.I.R.L.), incardinato presso la Direzione Centrale della Polizia Criminale, la cui attività si sostanzia nella creazione e aggiornamento continuo di un apposito programma di ricerca volto a vagliare e a condividere le informazioni provenienti dalle singole Forze di polizia.

Il presente report, realizzato sulla scorta dei dati tratti dall’attività del G.I.I.R.L. e delle operazioni di arresto eseguite dalle Forze di polizia, fornisce un quadro dell’azione di contrasto alla criminalità organizzata, con specifico riferimento ai latitanti (quelli di massima pericolosità e quelli pericolosi) tratti in arresto nell’arco di un decennio

In breve, dal 2010 al 2020 il G.I.I.R.L. ha “registrato” 97 soggetti: 9 di massima pericolosità (5 affiliati alla ‘ndrangheta, 2 alla camorra e 2 alla criminalità pugliese) e 88 pericolosi (33 appartenenti alla ‘ndrangheta, 31 alla camorra, 5 a cosa nostra e 19 all’area definita “gravi delitti”, ovvero soggetti che, pur non facendo parte di organizzazioni criminali di spicco, sono ricercati in quanto responsabili di delitti di particolare gravità ed efferatezza, tali da essere percepiti come soggetti socialmente pericolosi).

L’impegno dello Stato nella ricerca e cattura dei latitanti è testimoniato, anche a livello internazionale, dalla stipula, avvenuta il 2 luglio 2020 tra il Dipartimento della Pubblica Sicurezza ed il Segretariato Generale dell’Organizzazione Internazionale della Polizia Criminale (Interpol), dell’accordo relativo al progetto I-CANInterpol Cooperation against ’ndrangheta”, avente lo scopo di accrescere la cooperazione tra le Polizie di vari Paesi nel contrasto alla criminalità mafiosa e concorrere, nello specifico, a disarticolare le ramificazioni globali della minaccia criminale costituita dalla ‘ndrangheta.

Per tale motivo il Dipartimento della Pubblica Sicurezza italiano si è fatto promotore e finanziatore di tale ambizioso progetto, che vede la partecipazione di altri undici Paesi (Argentina, Australia, Brasile, Canada, Colombia, Francia, Germania, Spagna, Svizzera, Stati Uniti d’America, Uruguay), individuati per contrastare un fenomeno mafioso in espansione attraverso un approccio globale volto alla prevenzione e al contrasto del crimine, tramite lo scambio di competenze specialistiche, intelligence e migliori prassi.

La ‘ndrangheta è oggi l’associazione criminale più estesa, ramificata e potente al mondo.

È un’organizzazione di tipo mafioso unitaria, familistica e verticistica, con forte vocazione transnazionale in grado, per la rete di collegamenti che la caratterizza, di condizionare il mondo economico e istituzionale.

Ecco perché la ricerca dei latitanti costituisce un’azione estremamente importante ed essenziale di contrasto a tale forma di criminalità.

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