Con una votazione avvenuta senza troppo risalto mediatico, il Parlamento Europeo ha approvato un Regolamento che consentirà ai provider che forniscono servizi di comunicazione interpersonale (Facebook, Whataspp, Telegram etc.) di effettuare controlli su e-mail, chat e messaggi dei cittadini europei, al fine di individuare e segnalare gli abusi sessuali sui minori online e rimuovere il materiale pedopornografico.

In virtù di tale normativa, i fornitori di servizi di messaggistica e posta elettronica potranno dunque, attraverso innovativi sistemi di intelligenza artificiale, attuare una sistematica sorveglianza di massa di tutte le comunicazioni private scambiate tra gli utenti delle loro piattaforme, alla ricerca di testi o di foto “sospette”.

Seppure adottato con un obiettivo più che legittimo, quello della protezione dei minori vittime di abusi sessuali, tale Regolamento, non a caso denominato “Chatcontrol”, si pone in contrasto con alcuni diritti fondamentali dell’uomo, quali il diritto alla tutela dei dati personali ed il rispetto della vita privata e familiare.

Di fatto esso costituisce una deroga espressa alla Direttiva 2002/58/CE (cd. Direttiva e-Privacy) relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche, la quale vieta ai provider di porre in essere attività di sorveglianza, intercettazione o conservazione delle comunicazioni elettroniche, salvo il caso in cui l’utente non abbia prestato il proprio consenso o il provider sia stato espressamente autorizzato per legge.

Gli eurodeputati che l’hanno approvata (537 su 133) sono dunque ben consapevoli che una legge del genere, proprio perché in contrasto con la direttiva e-Privacy, difficilmente passerebbe il vaglio di legittimità dei Tribunali europei.

Sembra allora essere questo il motivo per cui si è deciso di introdurre tale deroga in via temporanea per i prossimi tre anni: così facendo la norma viene presentata come una misura straordinaria, eccezionale, dunque più difficile da bocciare.

Molte le critiche che si sono sollevate in merito alle conseguenze che la concreta applicazione di tale Regolamento potrà avere ed ai rischi per gli utenti, da parte degli esperti del settore digitale, da alcuni eurodeputati, nonché dagli stessi specialisti di lotta contro la pedofilia.

Invero, il Regolamento, non solo rappresenta un’interferenza nella privacy dei cittadini europei, potendo costituire un pericoloso precedente, bensì finirebbe anche per non tutelare e, anzi, danneggiare, gli stessi minori vittime di abusi sessuali.

Oltre al rischio concreto di vedere le foto intime da loro stessi inviate (cd. sexting) finire in mani sbagliate, la possibilità che un’intelligenza artificiale e poi altri (autorità di polizia ma anche dipendenti delle società di messaggistica…) possano leggere quello che scrivono, potrebbe infatti impedire alle vittime di chiedere aiuto, dunque di essere protette.

Come ha affermato l’eurodeputato Patrick Breyer «poter parlare liberamente degli abusi che hanno subito e cercare aiuto in uno spazio sicuro è fondamentale per le vittime di violenza sessuale. Questi spazi sicuri ora vengono loro tolti, il che impedirà alle vittime di cercare aiuto e sostegno».

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