Con 36 voti favorevoli e 27 contrari, il Parlamento di Malta ha approvato la proposta di legge per la legalizzazione ad uso ricreativo della cannabis.
Lo stato più piccolo dell’Unione Europea diventa così il primo del continente a legalizzare la coltivazione e il consumo a scopo ricreativo per tutti i maggiorenni.
Nello specifico, in base alla nuova disciplina, sarà consentita la coltivazione personale fino a quattro piante di marijuana, la sua detenzione fino a sette grammi e la nascita di entità no profit per la vendita del prodotto. Solo in questi luoghi l’acquisto e la vendita saranno considerati legali.
Intento del governo maltese nel proporre tale legge è stato quello di sottrarre il commercio di cannabis alla criminalità organizzata, ponendo fine alle ingenti entrate che questa assicura al mercato nero.
La questione sulla legalizzazione della cannabis non è certo nuova in Europa: essa ha generato e continua a generare un intenso dibattito, dal quale il nostro Paese non può sicuramente definirsi esente.
In Italia, infatti, la raccolta firme dei mesi scorsi per il referendum a favore della legalizzazione della cannabis ha riacceso i riflettori sulla questione, riportandola in Parlamento.
Invero, già a inizio settembre, parallelamente alla chiusura della raccolta delle adesioni, la Commissione Giustizia della Camera, ha approvato un “testo base” che prevede la non punibilità della coltivazione e della detenzione ad uso personale di cannabis di modesta quantità, nonché la depenalizzazione dei “fatti di lieve entità”, attraverso una distinzione tra le varie tipologie di stupefacenti.
Di fatto, la proposta di legge apporterebbe delle modifiche alla disciplina vigente sulle droghe (D.P.R. 309/1990 e succ. modif.), che attualmente sanziona la produzione, l’impiego e il commercio di sostanze stupefacenti.
Tuttavia, il futuro del “testo base” appare piuttosto incerto: l’iter per l’approdo in aula si sta infatti rivelando laborioso, vista la spaccatura dell’opinione politica italiana sul tema della legalizzazione della cannabis.
Tra gli argomenti addotti dai sostenitori della legalizzazione della cannabis vi sono: i benefici nel campo della giustizia, poiché diminuirebbe il numero dei procedimenti per reati connessi agli stupefacenti; i vantaggi nell’ambito della salute, ove, sottraendo il prodotto dall’alveo dell’illegalità, sarebbe possibile controllare le sostanze, creare campagne di sensibilizzazione, informare sui rischi e prevenire più efficacemente.
Oltremodo, legalizzare la cannabis, significa toglierne il monopolio alla criminalità organizzata, apportando cospicui guadagni allo Stato e creando nuovi posti di lavoro.
Attualmente, invece, tale denaro è gestito dalle mafie che poi li investe in altri settori: una recente relazione sulle tossicodipendenze riferita al 2020 rileva che degli incassi che la criminalità realizza grazie allo spaccio è ingente e che il 40% di tale ammontare è prodotto dal mercato della cannabis.
La necessità di trovare delle soluzioni in materia si rivela impellente anche a fronte del continuo aumento del consumo di sostanza stupefacenti da parte dei giovani, come peraltro sottolineato dal Ministro per le Politiche Giovanili Fabiana Dadone nel corso dell’ultima Conferenza sulle Dipendenze di recente svoltasi a Genova.
Proprio di questi aspetti, ovvero di giovani, droghe e addiction (prima, dopo e durante la pandemia) si sta parlando in questi giorni nell’ambito di una serie di incontri formativi e di aggiornamento professionale realizzati da Sike e dalla Città Metropolitana di Milano.
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