In questo anno e mezzo di pandemia, i leader mondiali e le istituzioni sembrano essersi dimenticati che è impensabile potere parlare di salute prescindendo da quella mentale.
Eppure, il tema della salute mentale, soprattutto dei più giovani, dovrebbe avere tutt’altra importanza se solo si considera che il più importante Rapporto Unicef in materia, appena pubblicato e intitolato “La Condizione dell’infanzia nel mondo – Nella mia mente: promuovere, tutelare e sostenere la salute mentale dei bambini e dei giovani”, rileva che più di 1 minore su 7 tra i 10 e i 19 anni, corrispondente a ben 86 milioni di adolescenti (15-19 anni) e 80 milioni di bambini (10-14 anni), convive con un disturbo mentale diagnosticato.
Anche prima dell’emergenza sanitaria, i giovanissimi portavano il peso di numerose problematiche relative al benessere psichico e psicologico, tuttavia, è innegabile che la pandemia abbia sconvolto le vite di bambini e adolescenti, i quali potrebbero risentire per parecchi anni dell’impatto del Covid-19 sulla loro salute mentale.
Invero, i minori hanno trascorso anni cruciali per la loro formazione lontani dalla loro routine, dai coetanei, dalla scuola e, più in generale, dalle loro passioni (ricreative, culturali, sportive…), a causa dei lockdown e delle varie restrizioni imposte.
Il rapporto Unicef stima, infatti, che 1 adolescente su 7 è stato colpito direttamente dagli effetti dei vari lockdown. Nello specifico, più di 1,6 miliardi di bambini hanno subito perdite a livello educativo, con almeno 463 milioni che non sono stati in grado di accedere al sistema di apprendimento a distanza.
Unicef riferisce altresì che durante la pandemia i servizi di salute mentale per i giovanissimi sono stati interrotti in più di due terzi dei 130 paesi che hanno partecipato al sondaggio, mentre i servizi per la salute mentale nelle scuole sono stati interrotti in quasi 4 paesi su 5.
Quanto riportato si rispecchia anche nelle parole degli stessi minori: il 19% di essi (in media 1 su 5) tra i 15 e i 24 anni, intervistati in 21 paesi nella prima metà del 2021, hanno dichiarato di sentirsi spesso depressi o di non avere interesse nel mondo circostante.
Non è dunque un caso che la maggior parte dei disturbi mentali diagnosticati sia riconducibile proprio alla depressione e all’ansia (circa il 40% del totale), mentre la restante quota include il disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività, disturbi della condotta, disabilità intellettiva, disturbo bipolare dell’umore, disturbi della condotta alimentare, autismo e schizofrenia.
Nonostante la drammaticità della situazione e le numerose richieste di interventi volti a promuovere, tutelare e sostenere la salute mentale dei più giovani, gli investimenti da parte delle istituzioni restano ancora assolutamente insufficienti. Si consideri, infatti, che a livello mondiale, la spesa pubblica media destinata alla salute mentale corrisponde al solo 2,1% della spesa sanitaria totale.
Il costo del mancato intervento è altissimo, sia in termini di vite umane, sia in relazione alle ripercussioni che questo ha sulle famiglie, sull’economia e sulla società in generale.
Secondo Unicef occorrerebbe quindi procedere essenzialmente su tre linee di intervento:
- investire urgentemente nella salute mentale dei bambini e degli adolescenti in tutti i settori: non solo in quello sanitario ma anche in quello della prevenzione e della promozione.
- integrare e aumentare gli interventi nei settori della salute, dell’istruzione e della protezione sociale, in particolare attuando programmi genitoriali ad hoc e garantendo che le scuole supportino la salute mentale attraverso programmi specifici e di qualità e una rete di relazioni positive.
- attuare soprattutto un cambiamento culturale, rompendo definitivamente il silenzio che circonda la salute mentale, affrontandone la perdurante stigmatizzazione.
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