Il carcere potrebbe cambiare radicalmente volto e migliorare lo standard di detenzione, adeguandolo ai cambiamenti tecnologici, sociali e culturali, nonché alle indicazioni provenienti dalla giurisprudenza costituzionale e delle Corti europee.

Ciò potrebbe avvenire se venisse recepita la relazione finale della Commissione per l’innovazione del sistema penitenziario, presieduta da Marco Ruotolo, che ha concluso i suoi lavori il 17 dicembre 2022 ed è stata consegnata alla Ministra della Giustizia Marta Cartabia.

La Commissione ha elaborato soluzioni che vertono principalmente su due fronti: l’adeguamento tecnologico per il miglioramento della qualità della vita negli istituti penitenziari e gli interventi, anche di tipo amministrativo, per dare attuazione a disposizioni della fonte regolamentare che non hanno ricevuto ancora piena applicazione.

Due le parole chiave: concretezza e idealità. Il lavoro della Commissione si è orientato nella direzione della valorizzazione di previsioni già contenute nell’attuale normativa penitenziaria, concernenti, tra l’altro, la responsabilizzazione del recluso, l’essenziale progressione trattamentale e la necessità di un costante rapporto con la società esterna.

L’attenzione ha riguardato non solo le persone detenute, ma tutti coloro che operano in carcere, svolgendo ruoli delicatissimi, accomunati dall’obiettivo di accompagnare il singolo nel percorso di reinserimento sociale, garantendo l’ordine e la sicurezza all’interno degli istituti.

Su queste premesse, la Commissione ha elaborato una strategia complessiva di azione, che interessa anche le strutture materiali, il personale e la sua formazione.

Per quanto riguarda la tutela dei diritti fondamentali delle persone recluse, la Commissione ha proposto specifici interventi con l’obiettivo di innalzare gli standard di tutela giurisdizionale, a partire da quei profili che si sono rivelati non funzionali alla loro piena effettività.

Allo stesso modo, si propone di uniformare gli standard di tutela rispetto a procedimenti diversi già presenti nella legge penitenziaria, anche seguendo, in alcuni casi, l’insegnamento espresso della Corte costituzionale e della Corte di cassazione.

La consapevolezza per cui la migliore tutela dei diritti delle persone detenute dipende anche dall’adeguata configurazione di termini e modalità di esercizio dei medesimi ha indotto a proporre interventi che prevedano richieste tracciabili e risposte che dovranno avere termini certi (le quali, poi, potranno essere oggetto di reclamo giurisdizionale).

Per molti di tali interventi sono state elaborate proposte che interessano la normativa regolamentare o suggerite indicazioni per l’adozione di circolari ministeriali. Specifica attenzione è stata dedicata al potenziamento dello strumento del permesso premio (art. 30-ter o.p.), quale essenziale strumento di trattamento e volàno per la concessione di più ampie misure.

L’obiettivo complessivo dei lavori della Commissione può così essere sintetizzato nel seguente modo:

fare sì che la pena, quale che sia la forma di espiazione, abbia la capacità di re-includere, contribuendo a restaurare e a ricostruire quel legame sociale che si è interrotto con la commissione del reato.

Re-includere vuol dire avviare un processo potenzialmente in grado di ridurre il rischio di ricaduta nel reato, agendo, dunque, non solo per soddisfare l’interesse del reo, ma anche per rispondere a quel bisogno di sicurezza spesso avvertito come priorità dai consociati.

Occorre, in altre parole, creare condizioni di sistema che consentano finalmente di considerare la risposta di giustizia come tesa a responsabilizzare in vista del futuro, più che a porre rimedio al passato.

 

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