(Foto: credit to unsplash.com)
L’ultimo rapporto (XVIII) sulle condizioni di detenzione formulato da Antigone ha segnalato una serie di problematiche inerenti alle REMS (Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza).
Innanzitutto, il fatto che 1 internato su 4 è “collocato” in Lombardia. Infatti, il 27,4% (151 persone, di cui 133 uomini e 18 donne) degli internati nelle REMS è concentrata in un solo luogo, a Castiglione delle Stiviere (MN), ove vi è stato il primo ospedale psichiatrico giudiziario (OPG) “sanitarizzato”, vale a dire gestito esclusivamente dal sistema sanitario e non dall’amministrazione penitenziaria.
Tale concentrazione di persone non è però determinata da evidenze di carattere socio-demografico e, neppure, da esigenze rispondenti al principio di territorialità dell’esecuzione delle misure di sicurezza detentive, così come previsto per legge. Questo determina molti problemi di distanza tra gli internati, provenienti da altre regioni di Italia, e i propri familiari e grosse difficoltà a mantenere attive le relazioni tra loro.
In secondo luogo, il fatto che le persone in REMS in attesa di una sentenza definitiva sono sensibilmente di più di quelle in carcere (quasi il 50% in REMS, intorno al 30% in carcere, dato che, comunque, è tra i più alti d’Europa). Tra le spiegazioni che vengono fornite c’è la circostanza che quando viene decisa una misura di sicurezza provvisoria si è ancora prossimi al momento della commissione del fatto reato ed è dunque possibile che la situazione psicopatologica della persona che ha compiuto il fatto sia ancora in fase acuta. Di conseguenza, il giudice, in attesa di definire il processo e di ricevere i risultati delle perizie e delle consulenze tecniche psichiatriche, sarà portato a optare per una misura custodiale come il ricovero provvisorio in REMS.
Ad ogni modo, i numeri sopracitati dimostrano come il ricorso a questa misura di sicurezza, anche se in via provvisoria, sia ancora eccessivo rispetto all’utilizzo di altre misure poste a disposizione della magistratura. È evidente, pertanto, che i correttivi pensati dalla riforma – tra cui l’aggravio motivazionale chiesto al giudice che deve spiegare perché non sia sufficiente nessuna delle altre misure previste alternative al ricovero in struttura – non siano ancora sufficienti per eliminare le storture di un sistema “Rems-centrico”.
Infine, dall’indagine di Antigone emerge che il collocamento in queste strutture avviene, con maggior frequenza, quando l’autorità̀ giudiziaria non entra in contatto (oppure entra in contatto tardivamente) con i servizi di salute mentale territoriali. Di conseguenza, è quanto mai necessario correggere tale prassi, di modo che la presa in carico dei soggetti da parte dei Servizi del Dipartimento di Salute Mentale avvenga prima della decisione giudiziale e che, il collocamento in REMS o in carcere (per mancanza di posti temporanei nelle stesse strutture sanitarie) sia il più possibile evitato.
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