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In base agli artt. 2 D.Lgs. n. 142/2015, e 2 L. n. 47/2017, l’espressione “minore non accompagnato” indica lo straniero (il cittadino di Stati non appartenenti all’Unione europea e apolide), di età inferiore ad anni diciotto, che si trova, per qualsiasi causa nel territorio nazionale privo di assistenza e rappresentanza legale.

Secondo il rapporto di aggiornamento semestrale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, al 30 giugno 2022 risultavano presenti in Italia 15.595 minori stranieri non accompagnati (“MSNA”), dato in forte aumento rispetto allo stesso periodo di rilevazione del 2021 (+99,9%) e del 2020 (+210,9%). Tale incremento è, in parte, ascrivibile all’arrivo sul territorio italiano di un considerevole numero di MSNA provenienti dall’Ucraina. Dall’inizio della guerra, infatti, più di 5.000 minori ucraini sono arrivati in Italia.

Anche in quest’ultimo semestre il trend è confermato e tra i minori non accompagnati presenti nel Paese vi è la netta prevalenza di coloro che sono di genere maschile (80% circa).

I migranti stranieri, una volta entrati nel nostro paese, incontrano una serie di difficoltà, tra cui quella relativa alle lunghe tempistiche burocratiche del nostro Paese.

Infatti, la maggior parte di questi minori, in ragione dell’età (15-17 anni), non riesce a completare un processo di completa integrazione, perché non ne ha il tempo. Spesso la nomina del tutore avviene in ritardo rispetto all’arrivo del minore nel Paese e ciò crea una problema di discrasia temporale, dato che la “tutela” viene meno nel momento in cui il soggetto diviene maggiorenne.

Le statistiche sui MSNA provenienti dall’Africa Centrale dicono che spesso questi giovani fanno il loro ingresso in Italia con lo scopo di raggiungere, in un secondo momento, altri paesi europei, come la Francia e la Germania. Ecco che allora, onde evitare derive verso la devianza e la marginalità sociale, il supporto del tutore può risultare quanto mai determinante, potendo, ad esempio, informare il minore sui suoi diritti sulla possibilità di presa in carico da parte dei servizi sociali fino al ventunesimo anno di età.

Ad essi, ad esempio, può essere fornita assistenza abitativa. Ma quando divengono maggiorenni i problemi “strutturali” si fanno sentire e ad essi non può più essere garantito l’alloggio, in quanto l’accesso al sistema di accoglienza per adulti è limitato ai richiedenti asilo.

Inoltre, per questi giovani, risulta difficoltosa la possibilità di proseguire il proprio percorso di studi. Infatti, sebbene la legge riconosca il diritto ai MSNA diventati maggiorenni di completare il percorso di studi intrapreso, capita spesso che gli stessi vengano trasferiti in centri di accoglienza situati in altre parti di Italia e che, di conseguenza, interrompano il percorso formativo avviato.

Le lungaggini burocratiche e le tortuosità amministrative rendono di fatto ineffettive le tutele dei diritti a loro spettanti, come quella di beneficiare dell’affido familiare (l. n. 47/2017 cosiddetta “Zampa”).

Non si può che auspicare che il legislatore intervenga quanto prima per semplificare alcuni iter burocratici e per rendere effettiva e concreta la tutela dei MSNA.

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