La Legge 8 marzo 2017, n. 24 rubricata “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”, ha introdotto un nuovo “filtro” di procedibilità nei giudizi per danni da malpractice medica: accanto alla mediazione obbligatoria si aggiunge la conciliazione mediante ricorso ai sensi dell’art. 696-bis c.p.c.

La mediazione obbligatoria per le controversie in materia di responsabilità sanitaria, già prevista dal d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, non ha dato i risultati sperati.

A fronte dei molti vantaggi, gli elevati costi della procedura, soprattutto nelle vicende particolarmente complesse, l’elevato grado di conflittualità delle diverse parti coinvolte e l’assenza di mediatori qualificati e specializzati hanno determinato l’insuccesso di tale strumento.

Il legislatore della riforma, quindi, ha scommesso su un “nuovo” strumento da esperire in via alternativa alla mediazione: la conciliazione nell’ambito del cd. accertamento tecnico preventivo (ATP), ai sensi dell’art. 696-bis c.p.c. (art. 8 della L. 24/2017).

È il consulente a tentare la conciliazione mentre spetta al giudice solo la nomina dell’esperto e il conferimento di efficacia esecutiva del verbale di conciliazione.

Principale vantaggio è l’anticipata formulazione di un parere tecnico d’ufficio, sia in punto di quantum risarcitorio che di nesso di causa, nel contraddittorio di tutte le parti che sarebbero parti anche nel successivo giudizio – compagnie assicurative comprese – di cui il danneggiato può beneficiare nel futuro ed eventuale giudizio di merito.

Di conseguenza, la riforma Gelli-Bianco prevede che anche i consulenti tecnici di ufficio (CTU) dimostrino di essere in possesso di adeguate e comprovate competenze anche nell’ambito della conciliazione.

Tali competenze, dice la legge, potranno essere acquisite anche mediante specifici percorsi formativi.

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