La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con la sentenza del 1° febbraio 2022 n. 3086, offre un’analisi di pregio sull’istituto della consulenza tecnica d’ufficio, delineandone natura, funzione e limiti alla luce di una rinnovata interpretazione della normativa consacrata nel codice di rito.

La fattispecie da cui scaturisce l’occasione per comporre la questione è rappresentata dai vizi inerenti ad una CTU resa nell’ambito di un giudizio di responsabilità di un istituto bancario per operazioni contabili effettuate in danno di un cliente: sul punto, l’ordinanza interlocutoria della Prima Sezione Civile della Corte (n. 9811 del 12 gennaio 2021) aveva rilevato un annoso contrasto giurisprudenziale in ordine al regime dei vizi inficianti «uno strumento di diffusissima applicazione, quale la consulenza tecnica d’ufficio» e ciò nel caso in cui il CTU abbia esteso il raggio della cognizione peritale oltre i limiti dell’incarico e la sentenza ne abbia recepito le conclusioni.

In particolare, i ricorrenti avevano sostenuto che l’allargamento dell’indagine tecnica oltre i limiti delineati dal giudice o consentiti dai poteri che la legge conferisce al consulente cagiona la nullità della consulenza tecnica d’ufficio: infatti, il consulente tecnico non ha il potere di accertare i fatti posti a fondamento di domande ed eccezioni il cui onere probatorio incombe sulle parti e, pertanto, qualora egli sconfini dai predetti limiti intrinseci al mandato conferitogli, tali accertamenti sono nulli per violazione del principio del contraddittorio e perciò privi di qualsiasi valore probatorio.

Da qui si dipana l’iter decisionale delle Sezioni Unite, articolato in ben 52 pagine, che arriva ad enunciare vari principi di diritto tra cui questo:

il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza del contraddittorio delle parti, può accertare tutti i fatti inerenti all’oggetto della lite il cui accertamento si rende necessario al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, a condizione che non si tratti dei fatti principali e che non si tratti di fatti principali rilevabili d’ufficio. In questi casi, l’accertamento è nullo.

La Suprema Corte, con tale pronuncia, mostra come nell’ambito dei procedimenti giudiziari, ove occorre svolgere attività tecniche e specialistiche al fine di accertare e valutare determinate aspetti inerenti a ciò che è oggetto di giudizio, è necessario fare ricorso a perizie o a consulenze tecniche d’ufficio (CTU) che attengono ad altri campi del sapere.

Di conseguenza, il perito e il CTU sono soggetti che, una volta nominati, divengono ausiliari del giudice, dotati di specifica competenza, di maturata esperienza e di idonea specializzazione in una determinata materia, tanto da essere in grado di fornire risposte adeguate ai quesiti a lui sottoposti.

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